sabato 8 novembre 2025

Non è mai troppo tardi!

Ho sempre guardato con un misto di invidia, diffidenza e ammirazione chi passa ore e ore in palestra sottoponendosi ad allenamenti estenuanti e a diete ferree. Ho sempre provato invidia e ammirazione per la dedizione che mostrano queste persone, e diffidenza perché non riuscivo a capire come ci si potesse sottoporre ad uno stile di vita così draconiano solo per estetica. 

Anch’io, come molti, nutrivo pregiudizi sul bodybuilding, che più che un vero sport mi sembrava solo l’esaltazione dell’ego, di un machismo ridicolo e anacronistico, di una caricaturale ricorsa a dimensioni muscolari sempre più grandi. Allo stesso tempo però ne ero attratto, ascoltavo spesso le interviste dei bodybuilder per comprendere meglio cosa li motivasse; non riuscivo a capire come molti di loro continuassero a praticare il bodybuilding anche in età avanzata. 

In una di queste interviste, che appunto seguivo con un misto di curiosità e diffidenza, mi colpì una risposta che Sylvester Stallone diede in un famoso programma radiofonico italiano ad uno dei conduttori, il quale sosteneva scherzosamente che per lui fosse ormai troppo tardi iniziare a fare palestra, nonostante avesse molti anni in meno di Stallone. La risposta di quest’ultimo fu ferma e secca, con voce quasi stizzita: Never too late! Non è mai troppo tardi! Mi colpirono la fermezza e il tono serio della risposta che stridevano con il clima leggero del programma. Sul momento ho pensato, “ecco, il solito bodybuilder esaltato che a settant’anni si comporta come un ventenne”, cosa che credo avranno pensato in molti ascoltando quel programma. Tuttavia, a distanza di qualche anno da quell’episodio, mi è capitato di ascoltare un’altra intervista di un altro volto noto del bodybuilding e del cinema americano, Arnold Schwarzenegger. Anche questa volta il riferimento era all’età: veniva chiesto ad Arnold il motivo per cui continuasse ad allentarsi dato che i benefici in termini di massa muscolare alla sua età non sono più gli stessi di quando era giovane. La risposta dell’attore è stata di una naturalezza disarmante: con un sorriso spontaneo e naturale ha sostenuto che era come chiedergli se alla sua età facesse ancora colazione: la palestra è sempre stata tutta la sua vita e avrebbe continuato a praticarla fino a quando gli sarebbe stato possibile, per lui era un’attività naturale come respirare. Qui ho finalmente capito che dietro questa dedizione non c’è solo estetica, ma qualcosa di molto più serio e più vitale: c’è passione! Ed ho compreso quindi anche la fermezza della risposta di Stallone: Never too late! Non è mai troppo tardi… per coltivare la propria passione!

Questo mi ha portato a riflettere sul rischio di dare giudizi affrettati sulle persone fermandoci solo all’apparenza. Quanti errori commettiamo. Quante passioni rischiamo di stroncare inavvertitamente con giudizi affrettati verso chi deve ancora maturare le proprie certezze e non è in grado di ribattere con la stessa prontezza mostrata da Stallone e Schwarzenegger.

Bisogna pertanto essere molto cauti nei giudizi sulle persone, perché non sappiamo quali tasti stiamo toccando e quali corde vitali rischiamo di spezzare. Nel dubbio meglio tacere. 

Ovviamente questo non significa che per seguire la propria passione è lecito fare qualsiasi cosa. Non dovrebbe essere lecito, ad esempio, ricorrere agli steroidi anabolizzanti, purtroppo largamente consentiti nel bodybuilding professionistico. Non dovrebbe essere lecito non solo e non tanto per le conseguenze in termini di salute dell’uso del doping. Non è la salute fisica la motivazione principale per non ricorrere al doping; chi ha una passione vera è disposto a sacrificare la propria vita per quella passione, quindi sapere che si può morire di steroidi - e, quindi, per la propria passione - non lo scalfisce. Ed è comprensibile. Perché per fortuna esistono valori di rango superiore al semplice mantenersi sano. Si è detto in questo post che i valori hanno una gerarchia: esistono dei valori di rango superiore alla salute fisica. D’altra parte nessuno si accosta ad uno sport (o a qualsiasi altra attività) per passione chiedendosi se ciò sta facendo fa bene alla sua salute. Altrimenti non avremmo atleti agonisti perché lo sport praticato ad alti livelli è usurante per il corpo. Non avremmo in generale nessuno disposto a seguire una passione. Oggi infatti le passioni scarseggiano anche perché siamo culturalmente bombardati da messaggi ossessivi che ci incoraggiano a mantenerci sempre sani e giovani. Se la salute è un valore primario scompare la passione: questo è uno dei tanti marker culturali di una civiltà decadente, come più volte denunciato in questo blog.

Ovviamente non intendo dire che dobbiamo ignorare le conseguenze del doping sulla salute, ma che semplicemente la compromissione della propria salute non è un deterrente sufficiente per chi ha una passione.  

Allora se non è la salute qual è il motivo principale per cui non si dovrebbe ricorrere al doping?

Il motivo per cui non bisogna ricorrere al doping è che manipolare a proprio piacimento la biologia del proprio corpo ha seri riflessi in termini esistenziali. Il corpo non è un oggetto, è espressione del nostro essere. E deve essere trattato con la stessa dignità con cui trattiamo la persona nella sua interezza. Non deve essere reificato, mercificato, oggettificato; perché ciò che si fa al corpo si fa alla persona nella sua interezza. Purtroppo viviamo in un’epoca che tende a scindere la biologia dalla cultura, il corpo dalla psiche, la psiche dallo spirito, l’individualità dalla collettività, ecc. In un’esistenza sana tutte queste dimensioni non sono scisse ma integrate. Ovviamente l’integrazione non ci è data a priori, va conquistata. E come per tutte le conquiste ci sono degli ostacoli da superare. Nei tempi che viviamo l’ostacolo principale è una cultura decadente, moribonda, individualista, edonista che sostituisce la passione con il piacere; una cultura che anziché incoraggiare ciò che edifica l’uomo esalta ciò che lo distrugge. In altre epoche storiche probabilmente gli ostacoli all’integrazione dell’uomo erano di altro tipo. Oggi la cultura è il nemico principale: l’ostacolo da abbattere per la propria integrazione. 

Quindi tornando al corpo e al doping per concludere, è necessario preservare la sacralità del corpo che è espressione della sacralità di tutta la persona. L’idea che il corpo (proprio e altrui) possa essere manipolato a proprio piacimento distrugge questa sacralità, aggredisce il velo di mistero che deve essere mantenuto sul proprio corpo e sul corpo altrui, come sulla propria esistenza e sull’esistenza degli altri. Il mistero intrecciato con il sacro alimenta il desiderio, la passione, il gusto della scoperta, e, soprattutto, il senso di aver una vocazione e di doverla scoprire continuamente, a vent’anni come ad ottanta. 

Nessun commento:

Posta un commento

L’Europa ed il trauma non risolto

L’Europa è bloccata internamente da un trauma non risolto il quale, come tutti i traumi, presenta delle manifestazioni tipiche: negazione (d...