Nell'ultimo post si è detto che la vera libertà è rinunciare ai propri desideri a favore di ciò che si è rivelato come essenziale. Non bisogna rinunciarvi del tutto, ma solo nella misura in cui i nostri desideri risultano incompatibili con ciò che è essenziale. Solo in questo modo ci liberiamo dalla tirannia dei desideri e dei sentimenti che ci rendono schiavi del mondo esterno; che, come le onde di un mare in tempesta, ci sbattono continuamente contro situazioni, persone, attività, giudizi altrui, ecc. Solo così acquisiamo una libertà interiore, che è più urgente delle libertà esteriori - quelle che dipendono dalle contingenze sociali, politiche ed economiche del nostro tempo -. Non che queste libertà non siano importanti, tuttavia: cosa me ne faccio, ad esempio, della libertà politica se poi sono schiavo interiormente e, quindi, quella libertà non saprei nemmeno apprezzarla ed esercitarla adeguatamente?
Preciso un punto fondamentale: si può parlare di vera libertà interiore solo in relazione a Dio. Rispetto alla libertà, tutti noi siamo come bambini che stanno imparando a camminare: abbiamo bisogno di un adulto che ci aiuti, e l’adulto in questione è solo ed esclusivamente Dio.
Chi si aspettava una qualche tecnica di autoliberazione, o una nuova teoria o una nuova filosofia resterà deluso. Il mondo offre già una miriade di dottrine, filosofie, tecniche di liberazione: quanto queste teorie siano in grado di liberare l’uomo ognuno può giudicarlo da sé. Periodicamente nella storia dell’uomo si affaccia qualche nuovo venditore di libertà (e di fumo). E d’altra parte, se ti sei soffermato a leggere questo blog è perché anche tu hai sperimentato la vacuità di ciò che il mondo ha da offrire.
Solo Dio può liberare interiormente l’uomo, perché solo Dio può liberarci dalla madre di tutte le paure: la paura della morte. A condizione ovviamente di collaborare con la nostra libertà, anche se fragile. Esattamente come fa il bambino quando impara a camminare, collabora con le sue gambe e non rinuncia se i suoi passi sono instabili ed incerti.
Come interviene Dio nella vita di ognuno di noi?
Ad un certo punto nel mezzo del cammin della vita di ognuno di noi irrompe l’azione di Dio come un fatto chiaro, evidente ed oggettivo. Non si tratta quindi di una mera questione psicologica, come se Dio fosse nascosto in un qualche inconscio psicologico. Non si tratta necessariamente di visioni mistiche straordinarie. Si tratta solitamente di qualcosa di più discreto, ma, allo stesso tempo, chiaro ed inequivocabile: Dio si è palesato e vuole condurti da qualche parte.
La Grazia si staglia sulla natura umana. Ovviamente Dio per distinguersi dalla natura umana la deve in qualche destabilizzare: deve essere chiaro che si tratta di Dio e non di fenomeni riconducibili alla psicologia, alla biologia, alla fisica o a qualche altra scienza umana.
Tuttavia, per evitare di deragliare in un misticismo esoterico e magico, e pertanto pericoloso e ingannevole, preciso che il punto di partenza sono sempre l’amore e la verità, nel modo in cui sono concretamente presenti nella vita di ognuno di noi. Dio è Amore; è Via, Verità e Vita: pertanto solo se mi apro all’Amore - rinunciando ai piaceri effimeri e alle relazioni mediocri -; solo se mi apro alla Vita - rinunciando alle smanie di controllo -; solo se mi apro alla Verità - rinunciando alle menzogne con cui per comodità ho per tanto tempo colluso -, posso incontrare Dio. Altrimenti si resta nella “selva oscura” e non si ha accesso al “ben ch’i’ vi trovai”.
Tutte queste rinunce sono a tutti gli effetti esperienze di croce, perché se la gratificazione di un desiderio o la scarica di una pulsione produce un piacere immediato, il bene che deriva dall’aver scelto l’essenziale è differito nel tempo. C’è quindi una croce che viene da Dio ed una croce che dobbiamo prendere volontariamente noi rinunciando ad un piacere immediato a favore di un bene che, dopo averlo brevemente intravisto, ci viene subito sottratto. L’esperienza di vedere il Bene brevemente e poi non vederlo più è quella che fanno Pietro, Giacomo e Giovanni nella Trasfigurazione di Gesù; si tratta di un’esperienza di così intensa gioia che fa dire a Pietro: “restiamo qui!” Quando Dio si manifesta nella gloria si fa una tale esperienza di senso, di gioia, di protezione, di vocazione che ti fa esclamare come Pietro, “restiamo qui”, o, come dicono i discepoli di Emmaus quando incontrano Gesù risorto: “resta con noi”, e aggiungono: “perché si fa sera ed il giorno volge al tramonto”, che tradotto significa: “resta con noi che sta per approssimarsi nuovamente la selva oscura”.
Ma è la “selva oscura” il luogo della purificazione interiore, la palestra per esercitare la propria libertà e la propria fede.
La fede è rimanere fedele nel buio a ciò che si è visto nella luce.
Ed è questa la più grande libertà dell’uomo.

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