sabato 11 ottobre 2025

Ecce homo

 Nel post precedente ho provato ad analizzare la famosa massima greca “Conosci te stesso”. Ho messo in luce che il conoscere se stessi nell’accezione greca implica in primis conoscere dio. Pertanto, se per conoscere noi stessi dobbiamo partire da dio, è necessario che ci soffermiamo un po’ di più su questo concetto.

In questo post parlerò di Dio facendo esplicito riferimento al cristianesimo, sono consapevole che il cristianesimo oggi in ambito scientifico gode di scarsissima stima, a causa anche di molti cristiani (non tutti) che da decenni, se non addirittura da secoli, hanno deciso di ritirarsi dalla scena del mondo e di disinteressarsi quindi anche del progresso scientifico - nel senso che non partecipano attivamente alla crescita culturale dell’Europa, non offrono contributi al progresso scientifico, rinnegando in questo modo la stessa fede cristiana, perché si comportano come se il Dio cristiano fosse solo Scrittura e Comandamenti e non anche Spirito. Quindi consapevole di tutti i limiti, le colpe e le responsabilità dei cristiani (già denunciati in questo post), non posso però ignorare che da oltre duemila anni il cristianesimo è una realtà e una verità storica. La Chiesa Cattolica è l’istituzione più longeva della storia dell’uomo: qualcosa vorrà pur dire questo evidente dato storico. Se il cristianesimo fosse solo oppio per i popoli, come si spiega che da oltre duemila anni rimane in piedi nonostante tutte le trasformazioni, le rivoluzioni, i rovesci sociali e politici che hanno caratterizzato la tormentata storia del nostro continente? Se c’è stato dell’oppio in questi secoli è molto più probabile che sia stato coltivato al di fuori della Chiesa Cattolica, magari anche da quegli stessi cristiani che, come già detto, nei fatti hanno rinnegato la loro stessa fede. Ad onor del vero bisogna dire però che non tutti l’hanno rinnegata, la storia è piena di santi che hanno contribuito alla civilizzazione dell’Europa e del mondo. Certo, i santi sono sempre stati la minoranza dei cristiani, ma è sufficiente questa minoranza per attestare la bontà della fede cattolica. È sufficiente una sola madre Teresa di Calcutta per dimostrare che la carità cristiana è vera e la può mettere in pratica chiunque voglia farlo seriamente. E questa carità non è l’iniziativa di un singolo, è l’iniziativa di tanti figli e figlie della Chiesa Cattolica che dalla Chiesa hanno ricevuto non l’oppio ma il vero spirito di carità. Ricordiamo a tal proposito anche le tante associazioni cattoliche che in giro per il mondo offrono servizi, aiuti, sostegno per i più poveri e bisognosi; e lo fanno senza cercare il plauso ed il consenso delle folle, le quali solitamente preferiscono andare dietro ai vari Barabba che gridano e urlano nelle piazze.

Fatta questa necessaria premessa sul cristianesimo, adesso mettiamo Dio in rapporto con la nostra interiorità.

Secondo Sant’Agostino ogni pensiero dell’uomo si forma a partire da un’immagine, non esiste un pensiero senza un’immagine che lo accompagni e lo preceda; ad esempio, per avere un’idea di cosa sia un tavolo devo prima averlo visto, se non ho mai visto un tavolo sarà anche difficile concepirlo, farmene un’idea. Il che non significa che pensiero e immagine coincidano, il pensiero è un’attività spirituale dell’uomo che si sviluppa a partire da un’immagine: quest’ultima è frutto dell’attività dei sensi, il pensiero invece è frutto dell’attività dello spirito.

Se per elaborare un qualsivoglia concetto devo averne prima un’immagine, ci troviamo di fronte al primo grande ostacolo riguardante il concetto di Dio: Dio nessuno l’ha mai visto. Come faccio a pensare e a parlare di Dio se nessuno lo ha mai visto? Come faccio a conoscere Dio se non posso immaginarlo, se c’è persino un comandamento che mi ingiunge di non farmi di Lui alcuna immagine?

Le cose fortunatamente non stanno proprio così.

Il comandamento ci ricorda che ciò che vediamo non è Dio; il che non significa che non dobbiamo usare nessuna immagine per farci un’idea di Dio, altrimenti bisognerebbe abolire dalle Chiese tutte le statue e tutti i dipinti che raffigurano la Madonna, gli angeli e i santi: semplicemente tutte queste immagini sono segno di Dio cioè rimandano, ci ricordano, ci aiutano ad avvicinarci a Dio, ma non sono Dio. Tra tutte le immagini però ce ne sono due in particolare che più ci avvicinano a Dio: quella di un uomo crocifisso e quella di un bambino. La Pasqua ed il Natale sono le feste cristiane più importanti, in queste feste Gesù è raffigurato appeso ad una croce e in una culla. Quindi se pensi a dio come ad un uomo crocifisso o ad un bambino sei molto vicino al Dio cristiano. Cristo si identifica in modo particolare con le persone crocifisse, cioè con coloro i quali sono schiacciati da un dolore o da una sofferenza - non importa se questo dolore è la diretta conseguenza delle proprie colpe o delle azioni altrui: ovunque c’è un essere umano che soffre lì c’è Dio -. E si identifica anche in modo particolare con i bambini, cioè con chi è bisognoso, con chi non può provvedere a se stesso, con chi è povero - quale che sia la natura di questa povertà (economica, sociale, psicologica, morale, spirituale, ecc.).

Quindi fra tutte le immagini che popolano la nostra interiorità, quelle che raffigurano noi stessi e gli altri come sofferenti, poveri e bisognosi sono le immagini che più ci fanno conoscere Dio, noi stessi e gli altri. Le immagini che meno vorremmo che abitassero il nostro mondo interiore sono proprie le immagini che più ci mettono in una vera connessione tra di noi e con Dio. Il Dio cristiano ha deciso di identificarsi non con i potenti della terra ma con gli ultimi, il Magnificat dice espressamente che Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili. Questa frase aveva talmente inquietato Napoleone che decise di abolire la festa dell’Assunta del 15 agosto sostituendola con la festa di San Napoleone (sic!). Puntualmente il Dio che rovescia i potenti dai troni rovesciò anche Napoleone, il quale poi nel periodo dell’esilio ebbe modo di approfondire la conoscenza del Vangelo e di Gesù Cristo e di riconciliarsi con il Dio che aveva osato sfidare. 

La storia di ogni uomo è nel piccolo la storia di un Napoleone. 

Ciò che ci rende umani è esattamente ciò che più ci avvicina a Dio. Nonostante il mondo esalti la forza, nonostante ci incoraggi ad essere autosufficienti e capaci di provvedere a noi stessi, non è nella forza o nella potenza che incontriamo Dio, ma nella debolezza. E quindi non è nemmeno nella forza che conosciamo noi stessi, ma nella debolezza. Chi non ha fatto i conti con la propria miseria, anche se ha fatto lunghe ed interminabili analisi psicologiche non può ancora dire di conoscersi. Chi non si è lasciato amare nella propria miseria, non sa ancora cosa significa essere amati. Chi non ha amato l’altro nelle sue miserie non sa ancora cosa sono i veri legami umani. 

Ecco Dio ed ecco l’uomo:





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