L’uomo non ha solo bisogni fisici e psicologici ma ha anche bisogni di natura spirituale. Sul piano spirituale necessita di fare esperienza della salvezza: ha bisogno di essere salvato.
Da cosa? Dalla morte.
Qui tutti pensiamo subito alla morte biologica. La morte fisica è l’ultimo dei problemi dell’uomo, perché nessuna religione, nessun Dio salverà l'uomo dalla morte fisica, nel senso di evitargliela. Tutti moriremo prima o poi, anche se fingiamo di essere immortali.
L’uomo ha prima di tutto bisogno che qualcuno gli decodifichi la morte, gli fornisca le chiavi dell’ignoto per eccellenza. Perché senza queste chiavi non può entrare nemmeno in se stesso; rimane estraneo a se stesso, perché - come si è detto nel post precedente - l’interiorità è sempre un’esperienza di morte, è una discesa negli inferi. La morte quindi non è solo fisica, ma anche psicologica e spirituale: la portiamo dentro di noi e per vincerla bisogna guardarla in faccia e attraversarla, non fuggirla. La stessa crescita psicologica, secondo lo psicoanalista Paul Racamier, è una continua elaborazione di lutti.
La scienza - quella medica in particolare - ha fatto molti progressi, ci permette di guarire da molte malattie e di posporre l’esperienza della morte. Posporre l’appuntamento con la morte non equivale però a vincere la morte. Ben venga il progresso scientifico, tuttavia, se si fa del progresso una religione passeremo tutta la vita in fuga dalla morte e, appunto, da noi stessi.
Chi ci aiuta ad attraversare la morte quando l’appuntamento con essa non può essere più posposto? Dio soltanto. Solo Lui ne possiede le chiavi. Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi (Ap 1,17-18).
Arriviamo quindi allo snodo più importante. In che modo Dio ci salva dalla morte? Morendo insieme con la creatura, non evitando alla creatura l’esperienza della morte. Molti rifiutano Dio perché vorrebbero che egli eliminasse la morte e la sofferenza. Se c’è la morte allora essa è la prova che Dio non esiste, sostengono. Vorrebbero che Dio coincidesse con la scienza e che allontanasse la morte come fa la medicina. E, siccome la scienza è un prodotto dell’intelletto umano, vorrebbero quindi che Dio fosse un prodotto dell’uomo. Vogliono cioè salvarsi da soli.
Se vi trovate nelle sabbie mobili, riuscite ad uscirne da soli tirando con la mano destra la vostra mano sinistra? Ecco: questo è il dramma dell'uomo moderno. Ha disperatamente bisogno di salvezza ma, con un'ostinazione pari alla sua disperazione, la rifiuta.
Dio è il totalmente Altro. Se fosse un prodotto del mio intelletto sarebbe il totalmente mio. E siccome la morte - nelle sue varie declinazioni, non solo quella fisica - è un limite al nostro desiderio, al nostro godimento, essa è di conseguenza altro da noi stessi; bisogna quindi accettare l’altro per incontrare l’Altro. Non che Dio coincida con la morte, ma Dio si serve della morte per ricordare all'uomo che è una creatura; per risvegliarlo a se stesso, per ricordargli soprattutto che ha bisogno di Dio, che ha bisogno di essere salvato.
Arriviamo quindi all’esperienza della Croce.
Se la fede cristiana fosse semplicemente credere all’autorità di qualcuno senza fare la fatica di usare il proprio intelletto, tutto il mondo sarebbe cristiano. Perché una fede così non costa nulla (e non vale nemmeno nulla). La fede cristiana invece è faticosa perché bisogna accettare di farsi scandalizzare da Dio con l’esperienza della Croce: questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti: Percuoterò il pastore e saranno disperse le pecore del gregge (Mt 26,31). Chi non accetta questo scandalo non è cristiano, anche se va a messa tutte le domeniche e riempie i locali di crocifissi: chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà (Mt 10,38-39). Il cristiano va a messa e partecipa ai sacramenti proprio per ricevere la forza e il coraggio di morire con Cristo. E risorgere con lui. La messa ha solo questa finalità: permettere al fedele di partecipare alla passione di Cristo e diventare un alter Christus. Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura (Gal 6,14-18).
È la Croce che separa le pecore dalle capre. Le prime accettano di morire insieme al loro Pastore e fanno l’esperienza di un Dio che ama a tal punto la creatura da morire con lei. Le seconde recalcitrano, non accettano di essere creature e di avere una finitudine; ovviamente moriranno lo stesso ma, non avendo fatto l’esperienza dell’amore di Dio - perché hanno rifiutato la Croce - moriranno da disperate. Come Giuda. Questo è il più grande e più serio pericolo dell’uomo: morire da disperato. Non è la morte in sé il problema. Ma è la morte senza il Salvatore ad essere terribile.
La Croce è giudizio e salvezza. Solo chi accoglie il giudizio di Dio, lo incontrerà anche come Salvatore. Chi non accetta il giudizio di Dio si condanna ad un giudizio eterno. Di questo oggi si parla poco anche tra i cristiani. Il tema del giudizio di Dio è tabù perché si coniuga poco con il sentimentalismo oggi imperante. La misericordia di Dio è diventata sinonimo di buonismo, ci siamo per l'ennesima volta costruiti un dio a nostra immagine e somiglianza. È come se nel quadro di Michelangelo che raffigura il Giudizio Universale avessimo coperto con un telo la parte inferiore che ritrae le anime dei dannati. Culliamo l'idea che alla fine Dio condonerà tutto e tutti, che finirà a tarallucci e vino.
Non è così.
La Croce è sia parola di salvezza che parola di giudizio. Non è solo parola di salvezza. È ammonimento e consolazione. Se fosse solo consolazione Dio diverrebbe complice dell'uomo. Il giudizio è necessario perché serve all'uomo a cambiare rotta, fin quando è ancora in tempo. La Croce invita l'uomo a rinunciare a tutto ciò a cui si è attaccato e che gli fa da impedimento ad un vero incontro con Dio e con i fratelli. È una parola che ti disarciona da cavallo e poi ti rimette in piedi invitandoti però a cambiare direzione. Invitandoti. Non obbligandoti. L'uomo è libero di dire: "Eccomi", oppure: "Rifiuto l'offerta e vado avanti" (cioè indietro).
Siccome Dio è Amore, ricompensa già sulla terra la creatura chi gli rimane fedele nella Croce, la ricompensa dandole una vocazione, offrendole la propria amicizia. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli (Mt 16,18-19). Dio non trattiene nulla per sé, si offre totalmente alla creatura che lo accoglie, le fa provare un assaggio di quella gioia, di quella visione beatifica, di quella comunione in cui sono eternamente immerse le anime beate.
E quale esperienza più densa di senso, di significato può fare l’uomo che incontra Dio, il quale lo chiama per nome, gli dà una vocazione e gli offre la propria amicizia? Al confronto tutte le vanità del mondo appariranno spazzatura.
Ma queste cose, che per me erano guadagni, io le ho considerate una perdita a motivo di Cristo. Anzi, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch'io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (Fil 3,7-14).

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