Nel post precedente si è detto che il dolore ha una dimensione non medicalizzabile e non condivisibile. Una dimensione del tutto individuale e personale. È il calice amaro che ognuno di noi purtroppo deve bere: questa è la notizia negativa. Quella positiva è che in quel calice si svela la vocazione di ognuno di noi; che morendo si rinasce ad una vita più alta. Però il calice va bevuto tutto. Con retta coscienza e senza barare. Potete bere il calice che io bevo? Chiede Gesù ai suoi discepoli spegnendo i loro facili entusiasmi e i sogni di gloria che avevano a lungo coltivato vedendo le folle che lo circondavano per via dei miracoli che compiva. "Non sono venuto per questo", sembra voler dire Gesù. Non è nel miracolo che si svela la vocazione di Gesù, ma nella croce. Vocazione e gloria mundi sono incompatibili: chi vuole la gloria del mondo perde la vocazione; chi vuole la vocazione deve rinunciare alla gloria del mondo. Madre Teresa di Calcutta nonostante avesse vinto un Nobel e incontrava spesso i potenti della terra si teneva lontana dai loro salotti, dalle loro comodità, da tutto il superfluo che circonda da sempre i potenti della terra, e non solo loro. “Ciò che non mi serve mi è di peso”, rispondeva a chi le offriva favori e comodità non necessari alla sua missione.
Chi cerchi? Chi cercate? Chiede Gesù nel Vangelo a quanti vanno da lui. "Se cerchi la tua vocazione, una vita più vera e più alta, allora vendi tutto e dallo ai poveri e vieni seguimi". È facile vendere tutto e darlo ai poveri? No. È necessario passare per il fuoco della croce: l'oro si prova con il fuoco. È nel fuoco della croce che Gesù riceve dal Padre la vera vocazione di Figlio di Dio e la trasmette a sua madre e ai suoi fratelli, a quelli cioè che hanno saputo attendere e bere insieme a lui il calice amaro. Come il Padre ha mandato me, così io mando voi. È il fuoco della croce che brucia il superfluo e lascia l’essenziale. La croce quindi è anche un momento di verità. Il superfluo nella vita di Gesù erano i miracoli e le folle; queste ultime dopo aver osannato Gesù per i miracoli ne chiedono ora la condanna a morte gridando: “Crocifiggilo!”
Qual è il nostro superfluo? Quali sono i nostri miracoli? Quali sono le nostre folle? Anche per noi quando verrà il momento della croce, cioè quando verrà il momento della verità, finiranno i miracoli e le folle grideranno: “Crocifiggilo!”. È bene quindi tenere a mente la frase di Madre Teresa di Calcutta, “ciò che non mi serve mi è di peso”, perché tutto il superfluo che ci affanniamo ad accumulare nel momento della verità sarà il nostro principale accusatore. È meglio spogliarsi delle zavorre, del superfluo, per essere pronti alla propria personale chiamata, alla propria vocazione.
Se il discorso sul dolore e sulla croce finisse qui, ci sarebbe da disperarsi. Ma per fortuna non finisce qui. Il superfluo viene bruciato non per un atto di crudele sadismo da parte di Dio, ma affinché venga alla luce l’essenziale, e, anche, affinché venga sollecitata la libertà umana. Nella croce infatti l’uomo è invitato a fare una scelta: il superfluo o l’essenziale.
Veniamo quindi alla parte più bella: l’essenziale. Nella passione di Gesù l'essenziale sono le persone che gli rimangano a fianco provando ad alleviarne il dolore; le persone che lo aiutano a portare la croce e che, ad uno sguardo superficiale, potrebbero apparire del tutto marginali, perché non evitano a Gesù né la sofferenza e né la morte. Ma l’essenziale, anche nel Vangelo, è invisibile agli occhi. Quando leggiamo la passione di Gesù nei Vangeli siamo subito attratti dalla violenza, dalle urla, dai Giudei, dai capi dei sacerdoti, da Pilato… tutto questo è marginale, è il superfluo. L’essenziale sono le persone che per un puro e gratuito atto d’amore sono con Gesù, quando quest’ultimo appare del tutto “inutile”, sia come uomo che come Dio. E sono soprattutto le donne a seguire Gesù lungo la via crucis, ad asciugargli il sudore misto col sangue, ad offrirgli conforto, calore e vicinanza. Le donne hanno una capacità di amare di gran lunga superiore a quella dell’uomo perché sono capaci di stare nel dolore volontariamente e gratuitamente, per un semplice e puro atto di amore. L’uomo solitamente ci sta solo se è in qualche modo costretto.
La più importante delle figure femminili che seguono Gesù durante tutta la sua passione è sicuramente la Vergine Maria, la madre di Gesù, colei che ai piedi della croce riceve la vocazione di diventare la madre (spirituale) di tutti gli esseri umani.
Maria con la sua tenerezza materna ha reso possibile per Gesù l’esperienza della croce e la rende possibile per ognuno di noi. Chi può vivere un dolore senza avere accanto una mamma? Chi può vivere la vita senza il calore e la tenerezza di una madre? Persino Gesù ha avuto bisogno di una madre e ai piedi della croce l’ha donata ad ognuno di noi. Non temere di prendere con te Maria, da allora quando siamo in difficoltà un angelo ripete ad ognuno di noi la frase che si sentì dire Giuseppe.
Non hai avuto una madre come Maria? Non temere, prendi Maria. Non ti senti amato? Non temere, prendi Maria. Sei finito in un vicolo cieco? Non temere, prendi Maria. Hai perso la speranza? Non temere, prendi Maria. Non riesci a pregare? Non temere, prendi Maria. Non riesci a rivolgerti direttamente a Dio? Non temere, prendi Maria. Ti senti schiacciato dal peso dei tuoi peccati? Non temere, prendi Maria.
Prendi Maria. Invoca Maria. Prega Maria. Va' da Maria. In qualsiasi momento. Nascosti sotto il manto di Maria entreremo in Paradiso anche senza avere il permesso di soggiorno, diceva Don Tonino Bello. Ce l'ha donata Gesù ai piedi della croce; ha ricevuto dal Figlio la vocazione di aiutare spiritualmente ogni essere umano: questa è la sua vocazione: questo è ciò che la rende felice.
Ma che cosa significa esattamente per noi questa vocazione di Maria? Che cosa significa dire che Maria è la madre spirituale di ogni essere umano?
Significa che chi vuole incontrare Gesù e non ricorre a Maria molto difficilmente incontrerà Cristo come Persona, come presenza reale nell’Eucaristia, come presenza reale nella storia, come presenza reale nel fratello, come presenza reale nella propria carne. Senza Maria si è fuori dal mistero dell’incarnazione: si è fuori dalla salvezza. Senza Maria il cristianesimo non è l’incontro con la Persona di Gesù, ma solo l’insieme di tradizioni, idee e valori cristiani: è quindi un cristianesimo senza Cristo. Chi desidera una grazia e non ricorre a Maria il suo desiderio vuol volare senz'ali, scrive Dante nel celebre e bellissimo Inno alla Vergine.
Il male agisce solitamente in due modi contro Maria: o lascia credere che si possa arrivare a Gesù anche senza di lei, che sia una semplice santa tra le sante o diffonde false devozioni mariane. Se la devozione mariana è vera lo si vede da quanto fa crescere l’intimità con Gesù, perché Maria e Gesù sono inseparabili. Un vero e genuino rapporto con Maria fa aumentare il desiderio di ascoltare la Parola di Dio, di stare davanti al Santissimo, di ricorrere frequentemente al sacramento della Confessione. Con Maria si coglie attraverso la Chiesa Cattolica - in modo particolare attraverso l'azione del Papa - la presenza reale di Cristo nel mondo e nella storia. Con Maria si inizia a riconoscere Cristo nei fratelli, prima in quelli con cui siamo in relazione e poi in quelli che sono lontani e diversi da noi. Con Maria si riconosce la presenza di Cristo nella nostra famiglia, nella nostra storia, ovunque... fino ad arrivare al punto in cui tutto il creato parla di Gesù: un animale, un fiore, un tramonto. Perché tutto è stato fatto per mezzo di lui.
È Maria quindi che mette accanto ad ognuno di noi il Figlio e ci introduce nel mistero della Trinità.

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