sabato 1 novembre 2025

Giudicare il peccato e perdonare il peccatore

Il giudizio è la principale facoltà intellettuale dell’uomo, è l’atto con cui affermiamo o neghiamo qualcosa, l’atto con cui tendiamo alla verità. 

Ci sono diversi tipi di verità: di fatto, scientifiche, etiche, estetiche, ecc. Le verità di fatto riguardano semplici dati di fatto, sono verità immediate che non necessitano di nessun procedimento scientifico o logico. Per poter affermare che l’acqua è calda o fredda è sufficiente sentirla al tatto, non è necessario nessun procedimento scientifico. Per conoscere invece la composizione chimica dell’acqua sono necessarie analisi di laboratorio, poiché si tratta di una verità scientifica che non è immediatamente evidente. 

In questo post mi soffermerò sulle verità etiche, ovvero sulle verità che riguardano ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; quelle verità a cui facciamo riferimento per esprimere giudizi di valore sui comportamenti umani. Se affermo che è sbagliato rubare affermo una verità etica. Le verità etiche si situano al confine tra ragione e fede. Nell’ebraismo e nel cristianesimo le verità etiche sono espressamente formulate nei Dieci Comandamenti. La violazione di uno o più di essi viene definito peccato. Nel Nuovo Testamento Gesù umanizza i comandamenti; non li abroga, ma tiene conto delle fragilità e delle debolezze umane. Per evitare che anche i comandamenti di Dio diventino una delle tante cause di schiavitù dell’uomo, Gesù prevede delle pause, delle sospensioni ai comandamenti. Le sospensioni però sono sempre temporanee altrimenti sarebbero delle abrogazioni. Gesù dice espressamente che non è venuto ad abolire la Legge ma a darne compimento. Il Dio che nell’Antico Testamento ha promulgato la Legge è lo stesso Dio che nel Nuovo Testamento si fa prossimo dell’uomo. Dio Padre e Dio Figlio sono un unico Dio insieme allo Spirito Santo. Il Figlio non è venuto ad annullare il Padre ma a rivelarlo. A rivelarlo come? Non semplicemente emanando una dottrina fredda e distaccata, come farebbe qualsiasi legislatore terreno, ma cercando la comunione carnale (offrendosi come pane da mangiare) e spirituale con gli uomini. Gesù è venuto a rivelarci che Dio vuole entrare in una comunione con gli uomini non solo spirituale ma anche carnale; che il Creatore è follemente innamorato di ogni sua creatura, e che pertanto è venuto per distruggere il peccato, cioè tutto ciò che fa da impedimento a questa comunione totale e totalizzante tra le creature ed il Creatore. Niente può fermare Dio in questa missione d’amore se non la libertà della creatura di opporgli continui e ripetuti rifiuti. 

Noi non sappiamo se il peccato che vediamo negli altri è frutto di una debolezza in una persona che però mantiene ancora vivo il desiderio di Dio - il giusto pecca sette volte al giorno -, o è frutto di un libero e volontario rifiuto di Dio. L’intelletto umano non è capace di questo giudizio sull’interiorità altrui. Ognuno può applicare il proprio intelletto solo alla propria interiorità, può sapere per sé se ha peccato per debolezza o se ha peccato a causa di un esplicito rifiuto di Dio; ma non può saperlo per gli altri (senza l’aiuto della Grazia non lo potrebbe sapere nemmeno per sé). Questo giudizio sull’interiorità del fratello Dio lo ha riservato per se stesso. Ogni volta che superiamo questo limite e giudichiamo il fratello mangiamo la mela che Dio proibì ad Adamo ed Eva di mangiare e ci condanniamo con le nostre mani. Ci condanniamo perché Dio ha posto una sola condizione affinché la preghiera possa funzionare: perdonare il fratello. Magari non ci riusciamo completamente perché la nostra affettività rema in direzione contraria (proviamo rabbia o repulsione per chi ci ha fatto del male), ma dobbiamo almeno provarci anche solo offrendo una preghiera o un semplice pensiero di benevolenza verso chi ci ha ferito. Questo voler perdonare (anche senza riuscirci completamente) rende efficace la preghiera, cioè rende la preghiera una comunione con Dio. 

Dio per sua propria scelta ha deciso di fare per mestiere Colui che perdona. Non c’è niente che lo renda più felice che offrire il proprio perdono al peccatore. Ha reso il perdono persino un sacramento. Chi è in comunione con Lui deve quindi assomigliargli almeno un po’.

Non potendo sapere da che cosa è determinato un peccato di un fratello, se da debolezza o se da un espresso rifiuto di Dio, per motivi di carità e di umiltà dobbiamo sempre prendere per buono il movente della debolezza. Pertanto per un cristiano ogni essere umano è giusto. I comportamenti possono essere sbagliati ma le persone restano sempre giuste. Ho detto per un cristiano, ma questo vale per qualsiasi essere umano, il cristianesimo rende semplicemente più umane le persone; chiunque voglia essere più umano deve partire dal perdono e da questo presupposto: non siamo autorizzati a considerare nessun essere umano sbagliato, nemmeno noi stessi. Ognuno però può sapere - con l’aiuto della Grazia - se le proprie mancanze sono frutto di debolezza o di un volontario rifiuto di Dio. Solo nel secondo caso le mancanze sono veri peccati, cioè sono di impedimento alla comunione con Dio e con i fratelli. Questo discernimento lo possiamo fare solo per noi stessi e non per gli altri. Non a caso nel sacramento della Confessione ognuno confessa i propri peccati e non quelli degli altri. Sul fratello Dio ha steso un velo di discrezione proprio per evitare che finissimo col giudicarci a vicenda. Solo quindi considerando la mancanza del fratello una conseguenza di una sua debolezza e non di un libero e consapevole rifiuto di Dio è umanamente possibile mettere in pratica l’invito di Gesù a perdonare sempre il fratello. Altrimenti diventa difficile per noi perdonare. Per noi. Non per Dio. Dio offre il suo perdono anche e soprattutto quando lo rifiutiamo espressamente. Ma noi non siamo Dio, non siamo noi il Salvatore, accontentiamoci quindi di perdonare presumendo sempre l’innocenza (la debolezza) del fratello. 

D’altra parte, anche per il nostro ordinamento giuridico ognuno è innocente fino a prova contraria. La prova contraria sul fratello Dio però l’ha avocata a sé; per tutto il tempo che saremo su questa terra non ci sarà dato di conoscerla. E menomale! Se Dio svelasse anzitempo le prove contrarie di ognuno di noi, non si salverebbe nessuno…

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