Per regolazione emotiva si intende tutto ciò che facciamo per ridurre l’intensità delle emozioni negative come ad es., paura, tristezza, rabbia, vergogna e massimizzare quelle positive come ad es., gioia, soddisfazione, serenità. Dobbiamo tuttavia intendere bene la regolazione emotiva, perché è un concetto ambiguo che si presta facilmente a fraintendimenti. Innanzitutto è necessario aggiungere alla parola emozione la parola affetto. L’emozione ha a che fare con la capacità di sapersi attivare sul piano psicofisico per far fronte agli stimoli e sapersi disattivare quando non è più necessario. L’affetto invece ha a che fare con la capacità di saper rivolgere emozioni (positive) stabilmente verso qualcuno. Le relazioni infatti vengono anche dette legami affettivi e non legami emotivi. Facciamo un esempio concreto per comprendere meglio la differenza tra emozioni ed affetti. Una persona che soffre di Depressione Maggiore ha sicuramente un problema sul piano emotivo, non riesce cioè ad attivarsi ad un livello sufficiente per far fronte agli stimoli della vita quotidiana, come ad esempio, andare a lavorare, occuparsi di se stessa ed eventualmente della propria famiglia. Poniamo che a seguito di un’adeguata terapia, psicologica o farmacologica, questa persona guarisca dalla depressione, potrà quindi riprendere a lavorare e ad occuparsi di sé e della propria famiglia, ma non è detto però che farà tutto questo con passione e con amore. Poiché dimensione emotiva e dimensione affettiva non sono concetti completamente sovrapponibili. Ci sono persone che hanno problemi emotivi ma non affettivi; persone che non hanno problemi nella gestione emotiva ma li hanno sul piano affettivo; e persone che purtroppo li hanno in entrambi i piani.
Se noi fossimo una macchina, che deve solo funzionare, il discorso sulla regolazione emotiva si esaurirebbe semplicemente ad una sorta di “tagliando” da fare al veicolo, sistemando le spie che ogni tanto si accendono e mantenendo l’efficienza della macchina psico-fisica. Nei disturbi mentali le spie emotive si accendono all’improvviso quando non è necessario, o non si accendono quando invece è necessario che si accendano. In questi casi non è sufficiente un tagliando, ma è opportuna una terapia, eventualmente anche farmacologica, per rimettere a posto le spie.
Se le spie emotive sono a posto, cioè se non sono alterate da un vero e proprio disturbo mentale, è sufficiente fare dei “tagliandi” periodici per mantenere il funzionamento della macchina. Per tagliandi intendo attività come fare un viaggio, mangiare del buon cibo, ascoltare della musica, fare sport, ecc., ovvero tutte quelle attività che ci fanno provare emozioni positive ed attenuano quelle negative. Più è alto lo stress a cui siamo sottoposti e più frequenti e lunghi devono essere i “tagliandi” per evitare di andare in burnout. L’aumento dei disturbi mentali durante la pandemia da Covid-19 è presumibilmente da ricollegarsi alla drastica riduzione di questi “tagliandi” (per vie delle restrizioni imposte per il contenimento del virus), a fronte di legami familiari che nella nostra epoca sono deboli sul piano affettivo e, quindi, anziché rappresentare una protezione dallo stress sono essi stessi un’ulteriore fonte di stress.
Se noi fossimo un’automobile il discorso sulla regolazione emotiva si chiuderebbe ai “tagliandi”. Ma noi evidentemente non siamo un’automobile, cioè non dobbiamo solo funzionare, ma dobbiamo anche saper rivolgere le nostre emozioni (positive) stabilmente verso qualcuno e verso una professione, un lavoro.
Se non siamo capaci di investire affettivamente un lavoro, una professione e le persone con cui entriamo in relazione useremo le persone o il lavoro come dei regolatori esterni delle nostre emozioni, come degli anestetici o come fonte di eccitazione. Cioè li useremo come delle droghe. Invece dovrebbero essere prima di tutto l’oggetto - non i regolatori - dei nostri stati affettivi. Ad es., il mio lavoro dovrebbe essere l’oggetto della mia passione; il lavoro che svolgo dovrebbe appassionarmi. Nella relazione di coppia dovrebbe esserci il desiderio, la gioia di condividere un progetto di vita con l’altra persona. È chiaro che tutto questo fungerà anche da regolatore delle mie emozioni. Quando stiamo con le persone che amiamo si attenuano le emozioni negative e aumentano quelle positive. Ma questo deve essere un effetto “collaterale” di un più profondo legame affettivo. Altrimenti useremo le persone come delle droghe, come delle sostanze da cui ricavare piacere o rilassamento.
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