mercoledì 10 settembre 2025

Overdose di psicoterapie

Questo è un post che può apparire in controtendenza rispetto alla situazione attuale che vede sempre più in crescita la domanda di psicoterapia a fronte di una non soddisfacente offerta pubblica, soprattutto per i ceti a basso reddito che non hanno le necessarie risorse economiche per rivolgersi ad uno psicoterapeuta privato. Ci tengo quindi subito a precisare che in nessun caso intendo banalizzare il disagio psicologico sempre più diffuso e pervasivo nella nostra società ed il legittimo bisogno che tale disagio sia accolto ed ascoltato da noi psicologi. Mi chiedo però se siamo sempre in grado di rispondere con competenza all’enorme mole di umanità ferita che bussa, o prova a bussare, alle nostre porte.

Ormai per tutto ciò che afferisce all’interiorità e alla soggettività umana, nelle loro varie manifestazioni, c’è sempre qualche professionista “psi” che, in tv o sui social, ha, o presume di avere, la ricetta giusta: per tutta la psicopatologia, per la devianza giovanile, per gli atti criminali, per le relazioni malate, per le problematiche lavorative, per il clima aziendale, il mobbing, il burnout, e poi ancora, la genitorialità, l’educazione, la comunicazione, le dinamiche di gruppo, lo stress e  la resilienza, l’autorealizzazione, la crescita personale…l’elenco potrebbe proseguire all’infinito. Non c’è più un angolo della soggettività umana sul quale non si esprima un qualche esperto “psi”. Credo che dovremmo invece sottoporci ad un serio esame di realtà ed iniziare a fare un discernimento su quali siano i quesiti a cui, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, la psicologia può rispondere e quali invece a cui non può dare risposte. Dovremmo farlo per il bene della psicologia, di tanti colleghi che fanno questa professione con serietà e competenza, e di chi cerca risposte nella psicologia, poiché nessuna scienza è onnipotente, tantomeno discipline relativamente giovani come sono le discipline “psi”. 


Ma andiamo con ordine. Quando è nata la psicoterapia?


Da sempre l’uomo deve fare i conti con una cosa dolorosa, imprevista ed inaspettata che ad un certo momento irrompe nella sua esistenza e ne scombina i piani: la sofferenza! Non che l’angoscia sia la caratteristica totalizzante ed assoluta dell’esistenza umana (come ritenevano i filosofi esistenzialisti del novecento), la sofferenza non è l’Assoluto, ma qualcosa di spiacevole, imprevisto ed inaspettato con cui prima o poi ogni essere umano deve fare i conti. Sin dall’antichità l’uomo ha cercato dei modi non solo per alleviarla, ma per rappresentarla, simbolizzarla, addomesticarla. La mitologia degli antichi greci, ad esempio, rispondeva a questa necessità; se il mio dolore è causato da un capriccio di Afrodite posso, seppure nella sofferenza, mettermi l’anima in pace: quale essere umano può competere con una divinità? Che colpa ho io se le divinità sono capricciose e volubili? È meglio lasciar perdere e aspettare che ritornino i loro favori. Qualcosa di simile accade oggi con il moderno oroscopo. 


Quindi l’uomo, poiché deve fare i conti con la sofferenza, con l’angoscia, con i rovesci di fortuna, non può fare a meno della psicoterapia. Così  è dalla notte dei tempi. Tuttavia oggi fortunatamente la psicoterapia non la si fa rivolgendosi agli oracoli o agli oroscopi, perché da qualche decennio essa è un’attività formalmente riconosciuta come specializzazione delle professioni dello psicologo e del medico. 


Quindi sorge un’ulteriore domanda: quando la psicoterapia ha preso le forme più definite di una moderna attività sanitaria per il trattamento dei disturbi mentali?


La risposta è senza altro a cavallo tra ottocento e novecento con Freud e la sua psicoanalisi. A Freud si può attribuire anche la nascita della psicologia clinica come disciplina autonoma rispetto alla medicina, poiché è stato il primo ad applicare la psicologia allo studio e alla cura dei disturbi mentali. Prima di lui tutte le malattie erano curate con i metodi tipici della medicina, cioè con metodi finalizzati a riparare organi del corpo umano, nel caso delle malattie mentali, aree del cervello mal funzionanti o supposte tali. Freud fu il primo a rivolgersi non ad un cervello da riparare ma alla persona nella sua totalità, ascoltandola e cercando di comprenderne la psicologia. Giova ricordare che Freud era un medico e questa frattura all’interno della medicina gli costò l’isolamento da parte del mondo accademico, per via di quel conformismo che l’essere umano mostra quando teme di perdere posizioni di potere o di diritto acquisite. Nessun animale è pericolosamente conformista come l’uomo quando si sente colpito in diritti che ritiene di aver acquisito.

Altro aspetto che giova ricordare: Freud non ritenne che tutta la psicopatologia fosse curabile col nuovo metodo psicoanalitico, ma solo alcuni disturbi psichici, le nevrosi, caratterizzate da sintomi psicologici come conseguenza della rimozione di conflitti inaccettabili (se ne è parlato nel post precedente), in personalità che per altri versi erano integre. Sappiamo anche noi oggi fare lo stesso atto di chiarezza scientifica e di onestà deontologica? Nel mare magnum della proliferazione delle scuole e degli approcci di psicoterapia, come comunità scientifica sappiamo dire con chiarezza quali alterazioni psichiche siamo in grado di curare e quali invece non possiamo curare? A distanza di poco più di un secolo dalla sua nascita la moderna psicoterapia ha raggiunto un tale progresso scientifico che le permette di curare tutta la psicopatologia? In così poco tempo la psicologia clinica ha raggiunto un tale progresso scientifico che non si riscontra nemmeno in medicina, disciplina la cui più lunga tradizione scientifica non le permette ancora di curare tutte le malattie?

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