domenica 21 dicembre 2025

Il risveglio dell’Europa

L’Europa si sta risvegliando dal torpore economicista degli ultimi cinque o sei decenni. Con il boom economico degli anni ‘60 si era imposto in Europa un paradigma culturale e antropologico per cui la massima aspirazione dell’uomo era avere un buon stipendio e godere di diritti sociali e civili.

I recenti eventi geopolitici e le sollecitazioni americane hanno fortemente messo in discussione tale paradigma e riaperto quello che sembrava essere un capitolo ormai chiuso della storia europea: il capitolo bellico.

L’uomo europeo si sveglia oggi disorientato perché si vede costretto a trovare qualcosa che aveva perso: un motivo per cui morire. Che poi è anche un motivo per cui vivere. L’Europa si accorge oggi che avere un buon stipendio e dei diritti non è evidentemente un buon motivo per morire (e nemmeno per vivere).

Finora le guerre (degli altri) ci è piaciuto raccontarle sempre con le lenti del nostro paradigma la cui narrazione suona più o meno così: “I capi delle nazioni sono ricchi cattivi che per avidità di denaro mandano milioni di persone a morire”. Resta poi da spiegare come sia possibile convincere milioni di persone ad andare a morire per del denaro che non vedranno mai. Questa narrazione ha come inevitabile corollario il disprezzo per la massa, per il popolo, per le persone, le quali si farebbero abbindolare dai leader delle nazioni che le mandano a morire. Tale disprezzo per il popolo rende poi contraddittorio il rapporto con la democrazia, che sul popolo si basa, e con la comunità politica di appartenenza, che del popolo è fatta. 

L’europeo ha fondamentalmente paura di se stesso e della propria avidità di denaro che, per un meccanismo che in psicologia si chiama proiezione, vede in ogni essere umano: è convinto che gli uomini di ogni era e di ogni latitudine condividano la propria visione antropologica e che siano quindi mossi solo dai soldi. Tra l’altro, per un contrappasso della Storia l’Europa attuale ha perso peso nel mondo anche sul piano economico; è l’unico continente a non essersi mai veramente ripreso dalla crisi economica che ha avuto origine negli USA nel 2008. Segno evidente che la vera crisi europea non è economica, ma coinvolge sfere molto più profonde dell’umano.

L’uomo europeo non ha un motivo per cui morire perché non sa più che cosa è sacro nella sua vita. Non riesce ad intercettare valori comunitari che non siano quelli economici. E non si tratta di cavalcare il furore bellico di quelli che fino a ieri erano impegnati nella transizione “green” e oggi, per paura di perdere posizioni di potere, vorrebbero gestire la transizione bellica con uno zelo che fa tenerezza ed inquieta allo stesso tempo. Chi fino a ieri è andato avanti con la retorica "l'Europa ci ha dato la pace" (per la cronaca, le basi Nato hanno garantito la pace in Europa) non è evidentemente credibile se oggi grida "all'armi, ce lo chiede l'Europa".

Si tratta di abbandonare quel disincanto, quella disillusione, quel pessimismo e quella disperazione di fondo, che sono i frutti marci di un’antropologia perversa per cui l’uomo non sarebbe nient’altro che un homo oeconomicus, un mercenario al soldo del potente di turno. Una visione antropologica che porta con sé disprezzo e diffidenza nei confronti del prossimo e di se stessi. 

Chi muore e chi vive solo per i soldi? 

Fortunatamente nessuno. E quindi nemmeno noi in Europa.

                                   Camera Picta di Andrea Mantegna.             
              Fonte: https://mantovaducale.beniculturali.it/it/camera-picta


 


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