domenica 16 novembre 2025

La libertà umana

Nei tre precedenti post abbiamo considerato il dolore (la croce) come un momento di verità in cui si rivela ciò che nella nostra vita è essenziale, ovvero, l’amore, le persone che abbiamo accanto, la nostra vocazione, e persino Dio stesso che è l’Essenziale

Ad una condizione però: decidere di rinunciare al superfluo.

È necessario pertanto soffermarsi sulla libertà umana che è stata finora solo sfiorata ma senza la quale il discorso affrontato negli ultimi post rimarrebbe incompleto. Il dolore svela ciò che è essenziale separandolo dal superfluo, nel senso di dare salienza all'essenziale ma non nel senso di rimuovere automaticamente il superfluo dalla nostra vita. Quest’ultimo passo tocca a noi farlo mettendo in gioco la nostra libertà. Sta a noi, dopo aver preso consapevolezza dell'essenziale, agire di conseguenza usando la nostra libertà. 

Ne consegue un quesito non di poco conto: che cos’è la libertà umana e coma la si mette in gioco?

La libertà non è ottenere tutto quello che desideriamo, come ci fa credere l'esangue cultura moderna. La libertà è rinunciare a ciò che desidero a favore di ciò mi si è stato rivelato come essenziale. 

Un lettore attento potrebbe obiettare: ma non avevi scritto che è importante avere una passione, avere dei desideri? Certo che è importante avere una genuina passione ma, allo stesso tempo, i nostri stessi desideri hanno bisogno di essere liberati perché se noi fossimo sempre capaci di desiderare ciò è essenziale avremmo risolto tutti i nostri problemi. Purtroppo facciamo tutti esperienza che le cose non stanno così. Molto spesso desideriamo ciò che è del tutto superfluo e dannoso, e, pur avendo visto e capito ciò che è essenziale, non riusciamo a sceglierlo. La nostra libertà appare talvolta paralizzata. Questa è una delle esperienze più dolorose che possiamo vivere. A questa esperienza fa riferimento l’Apostolo Paolo quando nella Lettera ai Romani dice esplicitamente: Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. 

Rocco Siffredi qualche anno fa con grande coraggio ha mostrato la propria fragilità nel programma tv “Belve” di Francesca Fagnani, riferendo una simile esperienza dolorosa. Ha confessato che quando ha smesso di fare l’attore porno voleva anche smettere con quel tipo di vita e di sessualità, ma non ci è riuscito. Voleva smettere evidentemente per un genuino amore per la sua famiglia. Era sinceramente commosso quando ne parlava. Traspariva un sincero amore per la moglie ma, allo stesso tempo, il dolore per la propria incapacità di rinunciare ad una pratica da tanto tempo consolidata nella sua natura. Purtroppo la conduttrice di fronte a questo genuino dolore ha continuato a mantenere lo stile asciutto e distaccato che ha contraddistinto tutta l’intervista e che, davanti ad una genuina autoapertura che lasciava emergere una profonda sofferenza interiore, era del tutto inappropriato. Spero che Rocco Siffredi non abbia “spento” del tutto quella sana sofferenza e non abbia perso la speranza di liberarsi dalla dipendenza dal sesso. 

Si dirà: ma questo discorso non vale tutti, non tutti fortunatamente siamo come Rocco Siffredi. Caro lettore, se pensi di essere meglio di Rocco Siffredi perché non hai (o pensi di non avere) una dipendenza sessuale non ti sei ancora seriamente guardato dentro. Perché tutti abbiamo delle schiavitù da cui abbiamo bisogno di essere liberati; e tutti, esattamente come Rocco Siffredi, abbiamo fatto delle nostre schiavitù una fonte di remunerazione, non solo e non necessariamente economica. Detto in modo più esplicito: tutti abbiamo delle attività che ci danno piacere e che usiamo per colmare un vuoto interiore. E per il lungo uso che ne abbiamo fatto ne siamo diventati dipendenti. Queste sono le idolatrie a cui fa riferimento tutta la Sacra Scrittura. E tutti abbiamo una qualche idolatria che fa da impedimento alla nostra libertà; anche tu, caro lettore, ne hai almeno una, a meno che non pensi di essere tu l’Agnello senza macchia. In tal caso soffri anche di un’altra idolatria: quella del tuo io.

Non è scontato quindi che, una volta che abbiamo compreso cos’è essenziale, siamo anche in grado di orientare la nostra libertà verso quest’ultimo. Per questo motivo San Giovanni Paolo II ribadì che la stessa libertà umana necessita di essere liberata.

Da cosa?

Dall’uso sbagliato che ne abbiamo fatto. Se per una vita intera ho messo la mia libertà al servizio del superfluo non sarà possibile fare un’immediata inversione di marcia. Noi vorremmo fare tagli netti. Questo purtroppo è un pensiero magico che applichiamo a noi stessi e a Dio. Vorremmo liberarci subito delle nostre schiavitù, ma non ci rendiamo conto che una libertà acquistata a poco prezzo alla prima occasione la rimetteremmo al servizio del superfluo. Una libertà invece conquistata a caro prezzo magari dopo un cammino che ha lasciato ferite e cicatrici ci guarderemmo bene dal rimetterla al servizio di ciò che ci ha reso schiavi.

Molte persone purtroppo si arrendono alla prima difficoltà. Il fatto che sia difficile non deve essere una giustificazione per posticipare ad infinitum l’inversione di rotta, confidando che, come per le diete, ci sarà sempre un altro lunedì da cui partire. Più rimandiamo più ci atrofizziamo nel corpo, nella mente e nello spirito. Non siamo eterni, non sappiamo quanti domani avremo a disposizione; dobbiamo tutti fare i conti con la morte, quando saremo chiamati a fare l’ultima e definitiva scelta. Con quale libertà ci presenteremo a quell’appuntamento? Con una libertà allenata o con una atrofizzata? Come saremo in grado nella nostra personale Apocalisse di scegliere l’Essenziale se per tutta la vita non abbiamo allenato la libertà a dirigerla verso l’essenziale e ci siamo tirati indietro di fronte alle difficoltà che l’esercizio della libertà inevitabilmente comporta? Una lettura o rilettura dell’Apocalisse sarebbe consigliata, applicandone i contenuti prima di tutto alla nostra interiorità. In generale, il Vangelo e tutta la Sacra Scrittura hanno qualcosa da dire solo se li applichiamo in primis al nostro mondo interiore e ai nostri tentativi di liberarci dalle nostre schiavitù, perché un’apocalisse si scatena tutte le volte che decidiamo seriamente di iniziare un cammino di liberazione. La nostra interiorità si ribella, si scatena ogni sorta di paura all’idea di rinunciare a quel superfluo che per tanto tempo è stata la nostra (vana) sicurezza; si scatena contro di noi il mondo esterno, in modo particolare si scatenano quelli che hanno colluso con le nostre malattie e che, pertanto, dalla nostra liberazione hanno da perdere i loro guadagni; si scatenano coloro i quali sono comodamente adagiati sulle loro catene e vedono gli sforzi del prossimo verso la libertà come un insulto alla loro (comoda) schiavitù. Insomma: c’è un Mar Rosso da attraversare. Ma tutte queste difficoltà attestano che siamo sulla strada giusta e che, di conseguenza, dobbiamo perseverare perché se perseveriamo anche vinceremo. 

Vinceremo perché siamo bravi? Perché siamo capaci?

No. Se le nostre capacità non le mettiamo al servizio di una vocazione spirituale anch’esse rientrano in quel superfluo che il fuoco della croce brucerà come paglia. Vinceremo perché avremo Dio con noi. La Provvidenza non fa mai mancare gli aiuti a quanti vogliono seriamente liberarsi dalle proprie schiavitù. Vinceremo perché la Donna con il Bambino e Michele hanno già vinto la battaglia contro il drago.





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